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Lucio Battisti
TIMIDA MOLTO AUDACE
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Letra y Significado de
TIMIDA MOLTO AUDACE,
Lucio Battisti
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Letra
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Amato tanto così
me lo ridici
amato tanto.
Timida molto audace
la stessa diversa persona sei tu,
e per cambiare ti basta saperlo,
che non sei mai la stessa,
nemmeno a volerlo.
I simboli non sai cosa siano,
un'ortensia non è nemmeno quella.
Hai la pazienza di un'onda
compresa la tendenza
a soffermarti mai,
come fosse la fine.
Non un dito notevole,
ma dieci impercettibili soprusi,
aperti come i mari,
e come i mari chiusi.
Neri i tuoi neri sconvolti
divampati imperi irrisolti,
e matematicamente rivolti
a contenere zeri.
Impensabili però malleabili,
ballabili mammelle
abbracciate alle quali volteggi
sotto il lampadario delle stelle,
inutilmente imitatrici dei tuoi denti.
Prendi, e dagli spaventi
tanto sentimentali,
tiri le diagonali dei sospiri violenti.
Svegliata la mattina,
guardi nel posto accanto
lo sfinito e per quanto
respira o non respira.
Sai che non si è mai la propria vita,
la tua ti serve appunto per certezza,
tu vivi e lasci vivere te stessa
con un congedo, con una carezza
sicura con la mano, sicura con la mano,
con la guancia perplessa.
Sciolta come le braccia
scomparirà la neve:
per sempre se ne andrà,
e se dovrà ricadere
sarà come un armadio che si sgancia
e precipita dal cielo in tante schegge.
E tuttavia, però comunque sia,
bellezza e compagnia
non vanno bene,
non si legano insieme.
Risentirai la neve risuonare
dentro le risatine,
come un piacere
che non sai trattenere.
La neve tornerà come un pretesto
dipinta e sempre finta,
e tu la irridi,
la lusinghi e la sfidi
e la solleva il tuo sbuffo selvaggio
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Amato tanto così me lo ridici amato tanto. Timida molto audace la stessa diversa persona sei tu, e per cambiare ti basta saperlo, che non sei mai la stessa, nemmeno a volerlo. I simboli non sai cosa siano, un'ortensia non è nemmeno quella. Hai la pazienza di un'onda compresa la tendenza a soffermarti mai, come fosse la fine. Non un dito notevole, ma dieci impercettibili soprusi, aperti come i mari, e come i mari chiusi. Neri i tuoi neri sconvolti divampati imperi irrisolti, e matematicamente rivolti a contenere zeri. Impensabili però malleabili, ballabili mammelle abbracciate alle quali volteggi sotto il lampadario delle stelle, inutilmente imitatrici dei tuoi denti. Prendi, e dagli spaventi tanto sentimentali, tiri le diagonali dei sospiri violenti. Svegliata la mattina, guardi nel posto accanto lo sfinito e per quanto respira o non respira. Sai che non si è mai la propria vita, la tua ti serve appunto per certezza, tu vivi e lasci vivere te stessa con un congedo, con una carezza sicura con la mano, sicura con la mano, con la guancia perplessa. Sciolta come le braccia scomparirà la neve: per sempre se ne andrà, e se dovrà ricadere sarà come un armadio che si sgancia e precipita dal cielo in tante schegge. E tuttavia, però comunque sia, bellezza e compagnia non vanno bene, non si legano insieme. Risentirai la neve risuonare dentro le risatine, come un piacere che non sai trattenere. La neve tornerà come un pretesto dipinta e sempre finta, e tu la irridi, la lusinghi e la sfidi e la solleva il tuo sbuffo selvaggio
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